M. Caillat: Histoire(s) de l’anticommunisme en Suisse

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Titel
Histoire(s) de l’anticommunisme en Suisse – Geschichte(n) des Antikommunismus in der Schweiz.


Herausgeber
Caillat, Michel; Cerutti, Mauro; Fayet, Jean-François; Roulin, Stéphanie
Erschienen
Zürich 2009: Chronos Verlag
Anzahl Seiten
372 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Andrea Porrini

Il crollo del muro di Berlino ha cancellato parte degli ostacoli che hanno a lungo segnato la riflessione storica sull’anticomunismo ma non ha certo risolto i problemi di metodo implicati dall’impiego di un concetto che rimane particolarmente complesso e insidioso. Histoire(s) de l’anticommunisme en Suisse affronta la sfida riunendo numerosi contributi presentati in occasione di un convegno tenutosi a Ginevra nel 2005. I 22 articoli abbracciano un arco temporale particolarmente ampio, che si estende dall’inizio degli anni 1840 – vale a dire dal processo Weitling, il primo in Svizzera contro un comunista – fino alla Guerra fredda, passando naturalmente per gli anni caldi segnati dall’esperienza e dalla memoria dello sciopero generale del 1918.

La discussione è affrontata da prospettive diverse e con alcune aperture internazionali, approfondendo origini e sviluppi dell’anticomunismo alla luce in particolare dell’azione di gruppi e movimenti che ne hanno veicolato pratiche e immaginario. Particolarmente interessanti sono in questo senso i contributi sulle influenti organizzazioni che rivendicavano esplicitamente il loro anticomunismo militante, quali l’Entente internationale anticommuniste (la Ligue Aubert, presentata da Michel Caillat) e la Federazione patriottica svizzera (Andreas Thürer). Sezioni distinte del volume sono riservate all’anticomunismo di sinistra, ai legami tra anticomunismo, razzismo e colonialismo e all’anticomunismo di Stato. In quest’ultimo ambito sono passate al vaglio alcune disposizioni giuridiche e istituzionali attuate dalle autorità per lottare contro il «bolscevismo», come la proibizione di assumere comunisti nell’amministrazione federale decretata nel 1932, l’interdizione dei partiti comunisti all’inizio degli anni 1940 o ancora l’allestimento di campi distinti per rifugiati di estrema sinistra durante la Seconda guerra mondiale. Il libro si chiude con una presentazione degli archivi dell’Entente internationale anticommuniste, depositati presso la biblioteca pubblica ginevrina e indicati come una fonte essenziale per i ricercatori che intendono chinarsi sull’opposizione al comunismo in Svizzera e anche all’estero.

Tra le principali caratteristiche che rendono difficile cogliere il fenomeno anticomunista, l’articolo introduttivo di Jean-François Fayet sottolinea in particolare la pluralità e il mimetismo, vale dire da un lato la diversità delle forme in cui si è manifestato l’anticomunismo e dall’altro la sua capacità di fondersi spesso tacitamente nelle strutture esistenti. L’idea guida della riflessione, superando la concezione meccanicistica che limita l’anticomunismo a una pura e semplice negazione, mira a metterne in evidenza il carattere di movimento portatore attivo di miti e credenze (come l’onnipresente complotto internazionale, trattato tra gli altri dall’articolo di Jean Batou sulla lotta al «giudeo-bolscevismo»). Nella nebulosa dell’anticomunismo agiscono infatti interessi, valori e rappresentazioni sociali che mostrano come esso non sia riducibile a una mera analisi fredda e oggettiva della sua antitesi comunista, ma appartenga piuttosto al registro piú ampio delle ideologie. Attribuendo ai comunisti un’influenza generalmente senza rapporto con le loro oggettive possibilità d’azione, gli ambienti anticomunisti hanno sviluppato una risposta non proporzionale alla forza reale dell’avversario, eleggendo il comunismo a contromodello assoluto per la società svizzera, a nemico comune capace di fungere da capro espiatorio (Jost).

Da segnalare come alcuni autori osservino in questo senso una certa continuità con le «minacce» che hanno sostituito lo spettro del comunismo dopo la fine dell’Unione Sovietica, in particolare quella rappresentata dal mondo mussulmano (contributi di Rauber e Fayet). La cultura elvetica dominante, rifiutando il diritto di cittadinanza al pensiero marxista, ha rinsaldato per contrapposizione un’identità di fondo valida al di là di ogni altra divisione interna, marcando un confine oltre il quale non è lecito portare la discussione politica. Lo attesta la connotazione stigmatizzante dell’epiteto «comunista» (come mostrato nell’articolo di vuilleumier sulle accuse rivolte ai radicali della metà del xix secolo), impiegato a fini piú immediatamente denigratori e strumentali da fazioni politiche concorrenti: il bersaglio è in effetti preso di mira da angolature tanto diverse che spesso l’obiettivo non sembra tanto l’orso – o la lepre – comunista quanto il cacciatore dirimpetto.

Questa pubblicazione non esaurisce certo l’analisi di un fenomeno che ha permeato l’azione sociale e politica in Svizzera praticamente a tutti i livelli, ma invita piuttosto a proseguire le ricerche, allargando per esempio la geografia degli studi (Ginevra, vaud e Zurigo fanno qui la parte del leone, mentre è assente la Svizzera italiana) o completandoli con l’osservazione di campi specifici, pensiamo a quello accademico e alla critica piú strettamente economica del marxismo. Pare significativo segnalare che, nonostante l’insistenza sulla dimensione ideologica dell’anticomunismo, l’approccio prevalente degli autori sembra essere improntato non tanto alla storia delle idee in sé, quanto alla presentazione degli ambienti che di quelle idee si sono fatti promotori, affrontando la questione – a nostro giudizio molto correttamente – a partire dagli attori e dalle condizioni di produzione del discorso. Sembra ora però possibile procedere a un’ulteriore sintesi generale sul piano appunto dei contenuti ideologici, che indichi gli spostamenti d’accento avvenuti nel discorso anticomunista sul lungo termine, naturalmente nel rispetto delle diversità intrinseche già segnalate. Si tratta in ogni modo di un esercizio che non poteva essere chiesto a un’opera collettiva come questa, alla quale va attribuito il merito di aver intrapreso i primi passi di una storia dell’anticomunismo elvetico con esiti particolarmente proficui.

Citation:
Andrea Porrini: Rezension zu: Histoire(s) de l’anticommunisme en Suisse – Geschichte(n) des Antikommunismus in der Schweiz, a cura di Michel Caillat, Mauro Cerutti, Jean-François Fayet e Stéphanie Roulin, Zürich, Chronos, 2009. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Nr. 147, 2010, S. 164-165.

Redaktion
Veröffentlicht am
17.10.2011
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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